La leggenda di Quetzalcoatl
Una leggenda messicana racconta che in tempi molto lontani visse il dio re Quetzalcoatl, fondatore della stirpe che abitava le terre di Abya Yala – il nome che l’America aveva prima che gli Europei la chiamassero America.
Quetzalcoatl era un dio buono, figlio del dio azteco del cielo Mixcoatl e della dea della terra Chipalman e aveva insegnato agli uomini tutte le leggi più sagge.
Per difendere i confini del regno Quetzalcoatl dovette partire, affidando alla bellissima principessa sua sposa lo sterminato tesoro. In assenza di Quetzalcoatl, i nemici assalirono la città per scoprire dove fosse nascosto il tesoro, ma la fedele sposa non cedette e venne uccisa. Dal sangue versato nacque la pianta del cacao, il cui frutto nasconde un tesoro di semi amari come le sofferenze dell’amore, forti come il coraggio, rossi come il sangue.
Quando il re tornò alla sua città e scoprì che la sposa era stata uccisa, volle far dono agli uomini di quella pianta che era nata, affinché per sempre fosse ricordato il sacrificio della sua amata principessa.
Storia
Gli Olmechi (1500-400 a.C.) furono quasi certamente i primi uomini a coltivare il cacao nel Messico equatoriale e a consumare il cioccolato, originariamente sotto forma di bevanda. Nel tempo, anche i Maya (600 a.C.) e gli Aztechi (400 d.C.) svilupparono metodi per la coltivazione del cacao.
Per queste civiltà, il cacao era un simbolo di abbondanza. Veniva usato sotto forma di bevanda amara, cacahuatl, nei rituali religiosi e come offerta ai funerali dei nobili e le fave come pagamento per i soldati.
Nel 1502, Colombo intravide per la prima volta le fave di cacao su una canoa nativa durante una sosta in Nicaragua, ma non ne apprezzò l’incredibile potenziale valore. La vera importanza di questo “oro bruno” non fu riconosciuta fino a quando Hernando Cortez non lo bevve con l’imperatore azteco Montezuma e nel 1528 lo portò alla corte spagnola che fu incantata da questo esotico elisir.
Nel XVII secolo il cacao iniziò ad arrivare in altri porti di tutta Europa, conquistando senza sforzo il palato di ogni regione.
L’era industriale portò a cambiamenti fondamentali, dal coltivatore al consumatore finale. Aprirono le fabbriche di cioccolato, la prima nel 1780 a Barcellona, poi altre in Germania e Svizzera.
L’origine del cacao cambiò. Gli europei iniziarono sempre più a colonizzare l’Africa e portarono con sé l’albero del cacao, che fu piantato con successo a Sao Tome e Principe e poi diffuso in tutto il continente. L’epoca industriale portò al lento declino della produzione in Sud America, nonostante la sua espansione dalle aree di coltivazione originarie verso il Rio delle Amazzoni e vide un nuovo impero del cacao emergere sul suolo africano.
L’industrializzazione ebbe, infine, un marcato effetto democratizzante sul cioccolato, trasformandolo da una rara prelibatezza riservata ai reali, a una delizia ampiamente disponibile e facilmente accessibile per le masse.
Coltivazione e problemi collegati
Coltivato ai tropici, oggi il cacao è prodotto per la maggior parte in Africa (67,1%), mentre in quantità minori viene coltivato nelle Americhe (17,4%), in Asia (14,6%) e in Oceania (0,9%).
In particolare solo 7 paesi rappresentano quasi il 90% della produzione mondiale: Costa D’Avorio, Ghana, Indonesia, Nigeria, Ecuador, Cameroon e Brasile; seguiti da Perù, Colombia e la Repubblica Dominicana.
Gli agricoltori pagano il prezzo
Nella catena di approvvigionamento la quota dei coltivatori di cacao continua a ridursi mentre commercianti, brand e rivenditori prendono una fetta più grande che mai. Quando i prezzi erano alti, negli anni ’70, il cacao rappresentava fino al 50% del valore di una tavoletta di cioccolato. Questo è sceso al 16% negli anni ’80 e oggi, secondo la Fairtrade Foundation, gli agricoltori ricevono circa il 6% del valore. In confronto, si stima che gli industriali acquisiscano una quota del 40% e i rivenditori il 35%.
“Nonostante tutti gli sforzi, al momento il nocciolo del problema non viene ancora affrontato: l’estrema povertà dei coltivatori di cacao e la loro mancanza di voce nel dibattito”. Antonie Fountain, Fair Trade Advocacy Office.
L’industria del cioccolato denunciata per non aver preso provvedimenti contro il lavoro minorile
Quasi 20 anni dopo che i maggiori produttori di cioccolato del mondo si sono impegnati ad abolire gli abusi sul lavoro, il lavoro minorile rimane diffuso nelle loro catene di approvvigionamento. Più di due quinti (43%) di tutti i bambini tra i 5 e i 17 anni nelle regioni di coltivazione del cacao del Ghana e della Costa d’Avorio sono impegnati in lavori pericolosi.
In totale, si stima che 1,56 milioni di bambini lavorino nella produzione di cacao solo in queste due nazioni dell’Africa occidentale. Lavori pericolosi includono l’uso di strumenti affilati, il lavoro notturno e l’esposizione a prodotti agrochimici, tra le altre attività dannose.
I risultati sollevano domande difficili per l’industria in particolare. Già nel 2001, grandi marchi come Nestlé, Mars e Hershey hanno firmato un accordo intersettoriale volto a eliminare il lavoro minorile. Nonostante non abbiano rispettato le scadenze per mantenere il loro impegno nel 2005, 2008 e 2010, continuano ad insistere che porre fine a questa pratica illegale rimane la loro principale preoccupazione.
Land footprint del cacao
Nel 2014, il cacao ha avuto il più grande impatto sul suolo di tutta la produzione agricola in Ghana e Costa d’Avorio, rappresentando circa un quarto. In Ecuador e Camerun il cacao rappresenta rispettivamente il 15% e l’11%, con solo il mais che ha un’impronta maggiore in Ecuador, e il mais e il sorgo in Camerun. Negli altri tre principali paesi produttori, l’impronta del cacao è relativamente piccola, meno del 5%.
L’aumento dei livelli di produzione di cacao è stato raggiunto principalmente attraverso la creazione di nuove piantagioni piuttosto che intensificando la produzione.
Impatto sulle foreste e cambiamenti climatici
Poiché il cacao tende a essere coltivato in aree forestali, la sua produzione è spesso associata alla deforestazione e al degrado delle foreste. La perdita globale di foreste dovuta alla produzione di cacao è stata stimata tra i 2 e i 3 milioni di ettari per il periodo 1988-2008, equivalente a circa l’1% della perdita totale di foreste in questo periodo. Ciò appare relativamente poco, ma nei principali paesi produttori, il cacao è stato un fattore significativo di perdita di foreste.
La perdita di foreste è particolarmente preoccupante a causa della loro importanza per il clima, sia a livello locale che globale. A livello locale, la perdita di foreste è associata all’aumento delle temperature e alla riduzione delle precipitazioni, mentre a livello globale è uno dei principali responsabili delle emissioni di gas serra.
Stabilire mezzi di sussistenza sostenibili per il cacao
Le ragioni per cui i piccoli proprietari non investono a sufficienza nelle piantagioni esistenti e spesso scelgono di aprire nuove aree di terreno per aumentare la loro produzione sono varie e complesse e vanno dalla mancanza di credito alla mancanza di tecnologia, con l’aggravante di una governance debole del settore in molti paesi. Questo rende molto più convenienti le monoculture rispetto ai sistemi agroforestali, ma con questo approccio i rendimenti diminuiscono più rapidamente, aumentando ulteriormente la pressione per espandersi in nuove terre.
La necessità di stabilire pratiche di produzione più sostenibili è ampiamente riconosciuta, e i governi dei paesi produttori e consumatori e il settore privato si stanno sforzando di trovare soluzioni. Anche le principali aziende mondiali di cacao e cioccolato si sono impegnate nel 2017 a porre fine alla deforestazione e al degrado delle foreste nelle loro catene di fornitura globali, con il lancio della “Cocoa and Forests Initiative”. Questi sforzi si collocano all’interno di un quadro più ampio per ridurre la deforestazione causata dall’agricoltura.
In quanto consumatori, i paesi europei possono e devono fare la loro parte per rendere sostenibili sia il commercio di cacao globale che i mezzi di sussistenza nei paesi produttori.
Sarà un compito enorme, data la quantità di piccoli proprietari coinvolti e le sfide di governance presenti. Tuttavia, questo significa anche che c’è un’enorme opportunità: la creazione di economie rurali sostenibili trasformerebbe i mezzi di sussistenza di milioni di persone.
Scritto da: Laura Persavalli
Fonti
https://www.greenme.it/mangiare/altri-alimenti/cacao-etimologia-leggenda/
https://www.worldcocoafoundation.org/blog/history-of-cocoa/
http://apps.worldagroforestry.org/treesandmarkets/inaforesta/history.htm
http://www.fao.org/faostat/en/#data/QC/visualize
Chatham House (2020), ‘resourcetrade.earth’
https://resourcetrade.earth/publications/cocoa-trade-climate-change-and-deforestation
https://www.fairtrade.org.uk/wp-content/uploads/legacy/Cocoa-commodity-briefing-6May16.pdf
https://www.theguardian.com/global-development/2020/oct/20/chocolate-industry-slammed-for-failure-to-crack-down-on-child-labour
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