Quando pensiamo al cambiamento climatico, la prima cosa che ci viene in mente è il mutamento degli ambienti naturali, tra scioglimento di ghiacci e incendi incontrollati.
In questo quadro, spesso ci dimentichiamo di inserire un attore fondamentale all’interno dell’equazione: le persone.
Persone che hanno causato questi cambiamenti e persone che subiscono, in maniera diseguale, gli effetti del clima che cambia.
Oggi è chiaro: ingiustizie sociali e ingiustizie ambientali sono strettamente correlate. Come nella copertina del nostro podcast Non è giusto.
Citando la riflessione di Silvia Boccardi, giornalista esperta in tematiche sociali:
“Un amico qualche tempo fa mi ha detto che oggi per far interessare le persone ai diritti umani bisogna parlare di sostenibilità. E questo mi ha fatto riflettere: sono anni che mi interesso di questioni sociali e credo che dovremmo preoccuparci di proteggere le persone almeno quanto proteggiamo l’ambiente.
È ormai evidente che entrambe hanno le stesse radici: lo sfruttamento e la commercializzazione delle risorse naturali.”
Il cambiamento climatico è causato da un modello di produzione insostenibile basato sullo sfruttamento incontrollato delle risorse che la natura ci ha offerto.
Allo stesso tempo, si sono cristallizzate le diseguaglianze sociali, gli abusi di potere, e le disparità di opportunità. Perché le ingiustizie derivano dall’accumulo di ricchezza e potere da parte di un gruppo, privilegiato, rispetto ad un altro.
Da sempre, zeroCO2 è impegnata nell’ambito dei diritti umani, della dignità delle persone e della loro esistenza, promuovendo progetti di riforestazione ad alto impatto sociale che puntano a creare le possibilità alle persone di vivere in maniera più degna nel luogo dove risiedono. Questo vale per le famiglie contadine supportate in Guatemala, per le donne Masai in Tanzania, e per gli individui che subiscono emarginazione sociale in Italia.