Quando in zeroCO2 abbiamo immaginato luoghi dove sviluppare progetti ad alto impatto sociale e ambientale, l’Africa è stata una risposta naturale. Un continente dove il sovrasfruttamento delle risorse naturali e le difficoltà sociali sono problematiche strettamente legate.

Perché la Tanzania? 

La Tanzania è un paese subsahariano con quasi 60 milioni di abitanti.
Gli alberi sono una risorsa fondamentale per il sostentamento della popolazione.
Le foreste in Tanzania ricoprono il 35% del territorio, ma il tasso di deforestazione si avvicina in modo preoccupante all’1,5% annuo. Il paese ha infatti perso circa il 25% della propria copertura forestale negli ultimi 30 anni.
Le principali cause di deforestazione sono l’agricoltura intensiva e l’industria del legname, raccolto illegalmente nelle foreste locali e utilizzato principalmente per la produzione di energia.

zeroCO2 in Tanzania con le donne Masai

I progetti di riforestazione di zeroCO2 approdano in Tanzania nei villaggi di Lendikinya e Arkaria nel Distretto di Monduli nella Regione Arusha.
Il distretto di Monduli  è un piccolo agglomerato di villaggi su un altopiano della Grande Rift Valley, tra la pianura di Serengeti, il cratere di Ngorongoro, il lago Manyara, la gola di Olduvai, il Tarangire National Park e il Kilimangiaro.

Gli alberi e le praterie sono gestiti in modo insostenibile, rimossi per la legna da ardere e usati per il pascolo del bestiame. La biodiversità sta diminuendo, il suolo si erode rapidamente e si compatta, portando ad alti tassi di deflusso. L’acqua è storicamente una risorsa limitata e la frequenza delle piogge è notevolmente diminuita, rendendo la produzione agricola sempre più difficile. Il cambiamento climatico ha intensificato l’imprevedibilità delle stagioni secca e umida, portando a eventi climatici estremi più frequenti, come siccità e piogge intense.

La regione è abitata prevalentemente da comunità rurali Masai, che basano su agricoltura e allevamento la loro primaria fonte di sostentamento.
Come è tipico nelle comunità Maasai, le donne hanno il compito di produrre cibo, cucinare, fare le faccende domestiche e raccogliere acqua e legna da ardere ad ore di distanza. Hanno poche risorse finanziarie e, nella maggior parte dei casi, hanno uno status sociale basso nelle loro famiglie e comunità.

Attualmente, la comunità non ha meccanismi per adattarsi ai cambiamenti climatici, e ciò porta ad una maggiore instabilità della comunità.
Inoltre, le diete della maggior parte delle famiglie della regione mancano di vitamine e nutrienti chiave, a causa del fatto che il consumo di frutta e verdura è quasi inesistente. Il progetto di agroforestazione può quindi contribuire a combattere molti dei problemi ambientali di questa zona, e allo stesso tempo stimolare lo sviluppo economico e aumentare la sicurezza alimentare.

Il progetto e i suoi impatti

ll progetto prevede la donazione di alberi da frutto, forestali e medicinali a dei gruppi di donne appartenenti alle comunità Masai nel distretto di Monduli.

Ad ogni partecipante, oltre agli alberi, viene offerto un programma formativo  legato alla gestione e manutenzione degli alberi nel tempo e sulle tecniche agroforestali, al fine di garantire la sopravvivenza delle piante, migliorando al contempo la produzione agricola. Riceverà inoltre supporto lungo tutta la fase di crescita degli alberi.
Una volta arrivati a maturità, potranno rappresentare un importante supporto alla sicurezza alimentare, attraverso la raccolta dei frutti, energetica, con la potatura dei rami, nonché economica, con la possibilità per le donne  di avviare nuovi progetti imprenditoriali.

Gli alberi di zeroCO2 in Tanzania sono alberi ad alto impatto ambientale e sociale. Non solo contribuiscono alla conservazione del suolo, la cattura della CO2 e al ripristino della biodiversità. Supportano famiglie contadine e contribuiscono all’empowerment femminile: le donne diventano più autonome, acquisendo una posizione di maggior rilievo all’interno della comunità.

Alto impatto sociale!

Dona sostenibilità.

Arancia

Sicurezza alimentare
40 kg/anno di frutta prodotta
Guatemala

16

Scritto da: Amedeo Cavalleri e Cecilia Monari

Fonti:

zeroCO2

https://iopscience.iop.org/article/10.1088/1748-9326/ab6b35

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