Con cadenza ormai quasi regolare i media ci allertano che in una nuova parte del mondo ettari di foreste stanno bruciando in incendi di eccezionale gravità ed espansione. Ma quanto c’è di naturale in questo susseguirsi di fuochi e quanto invece è imputabile agli effetti del riscaldamento globale? E soprattutto perché gli incendi di questi giorni in Siberia e in altre zone artiche e sub-artiche stanno particolarmente preoccupando gli scienziati di tutto il mondo? Nelle zone come la Siberia, l’Alaska e il Canada per esempio, è normale che nei mesi estivi ci siano degli incendi, che di solito sono poco frequenti ma di grande potenza e che servono a ringiovanire e rigenerare le comunità di piante di queste aree (2).
Negli ultimi anni però, e in particolare in questi giorni di luglio, gli incendi si sono susseguiti con eccezionale frequenza attraverso tutta la zona nord-orientale della Russia, rendendosi pericolosi sia per le comunità che vivono in quelle zone sia per gli ecosistemi locali che possono esserne gravemente danneggiati (3).
In particolare, gli scienziati sono preoccupati che una tale intensità di fuochi possa aggravare lo scioglimento già in atto del permafrost, liberando enormi quantità di CO2. Quest’anno, gli incendi sono iniziati verso la metà di giugno e nella prima settimana di luglio l’Agenzia Federale Russa delle Foreste ha estimati milioni di acri di terreno bruciati, anche in zone molto a nord, dove solitamente le temperature sono troppo basse perché i fuochi si possano spingere (4).