Nonostante le alte aspettative per la COP26 di Glasgow del 2021 e gli obiettivi spiegati qui, la COP26 ha ulteriormente rimarcato le difficoltà nel trovare linee comuni d’azione per arginare la crisi climatica e azioni insufficienti messe in atto in questi anni.
Dalle previsioni dell’UNFCCC, non sarà possibile rimanere al di sotto della soglia di aumento del riscaldamento globale di 1.5°, rimarcata come obiettivo essenziale da esperti e scienziati del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) per evitare danni irreversibili e scelto come limite da rispettare negli Accordi di Parigi. Il report preliminare della World Meteorological Organization conferma che a livello globale, si sta andando nella direzione opposta rispetto agli impegni presi. L’Europa ha registrato nel 2022 temperature superiori ai 2°C rispetto al periodo 1991-2020, aumento che avrà (e sta già avendo) effetti disastrosi, per esempio sull’innalzamento degli oceani.
Parallelamente all’aumento delle emissioni di gas serra, deforestazione, agricoltura e allevamento si intersecano fortemente al cambiamento climatico, minando ulteriormente alle possibilità di assorbimento dei gas prodotti dalle attività antropiche: durante il governo di Bolsonaro tra il 2018 e il 2021, solo nella foresta Amazzonica è stata disboscata un’area equivalente alla superficie del Belgio.
Mille miliardi di alberi?
Nonostante durante il G20 dell’anno scorso, svoltosi appena prima della COP26, i leader mondiali si siano impegnati a “piantare mille miliardi di alberi entro il 2030” questo obiettivo risulta una soluzione più articolata di quello che sembra: riforestare è un processo complesso, che necessità di conoscenze tecniche e pratiche oltre che della valutazione delle caratteristiche climatiche, dei terreni e culturali delle popolazioni locali. Ce lo spiega qui Guido Cencini, agronomo e LCA & Forestry strategist di zeroCO2.