Nelle foreste boreali dell’estremo emisfero settentrionale, dove il clima si sta riscaldando più velocemente che altrove, alcuni incendi sopravvivono alle nevi invernali e riprendono in primavera. Questi fenomeni sono conosciuti come “incendi zombie” — chiamati anche “overwintering” o “holdover”—, residui di incendi dell’anno precedente che sono rimasti vivi nel sottosuolo. Di fatto gli incendi di quest’anno sono gli stessi dell’estate scorsa che non si sono mai davvero spenti.
Nell’Artico, gli incendi di solito iniziano in superficie, come in altri luoghi, ma in estati lunghe e calde con ondate di calore particolarmente acute, l’umida torba sottostante può prendere fuoco. E le temperature medie di giugno in Jacuzia, la regione più colpita, quest’anno hanno superato i 20°C, circa 5°C sopra la media storica, trasformando la vasta foresta della taiga in una polveriera.
Una volta che è in fiamme, la torba permette agli incendi di bruciare a lungo dopo che le fiamme in superficie si sono spente — per giorni, settimane, mesi o anni —, essendo formata da vegetazione morta che non si è completamente disgregata. Oggi, le torbiere coprono circa 4 milioni di acri dell’Artico e, arrivando ad avere migliaia di anni, immagazzinano circa 415 miliardi di tonnellate di carbonio, molte volte di più delle foreste che le sovrastano.