Si è conclusa la prima settimana di trattative alla COP26. Ora si guarda ai risultati raggiunti, e non, e a quali accordi porterà la seconda e conclusiva settimana. Vediamo quali sono stati i punti salienti e le difficoltà fin qui a Glasgow

 

Temi caldi

Particolarmente sentito è stato il discorso di David Attenborough, che ha esortato i leader mondiali a lavorare insieme per una nuova rivoluzione industriale alimentata da milioni di innovazioni sostenibili, e a essere “motivati dalla speranza non dalla paura”. Mentre ad aver lasciato il segno all’inizio della Conferenza è stata l’assenza dei presidenti di Brasile, Russia e Cina. Riguardo poi le principali decisioni raggiunte, queste si possono dividere tra tutela ambientale, finanziamenti ed energia.

Diversi paesi si sono impegnati a interrompere i processi di deforestazione di qui al 2030 nella Glasgow Leaders’ Declaration on Forest and Land Use, al momento firmata da 130 paesi che insieme rappresentano il 93% della copertura arborea del Pianeta.
Mentre 45 governi hanno preso nuovi impegni per investire in nature-based solution per l’agricoltura e promesso azioni urgenti per proteggere la natura. Queste soluzioni includono la mobilitazione di oltre 4 miliardi di dollari in nuovi investimenti del settore pubblico nell’innovazione agricola.

Circa i finanziamenti, più di 20 nazioni hanno promesso di porre fine agli investimenti all’estero nei combustibili fossili, a partire dal 2022, e spostare gli 8 miliardi di dollari stimati all’anno verso le rinnovabili. Del gruppo fanno parte Stati Uniti, Canada, Danimarca, Costa Rica e Italia, la cui posizione è stata però fino all’ultimo titubante.
Inoltre, centinaia delle più grandi banche e fondi pensione del mondo, dal valore di 130 milioni di dollari, si sono impegnati nella Glasgow Financial Alliance for Net Zero, che prevede che entro il 2050 tutti i beni gestiti dalle istituzioni siano in linea con gli obiettivi delle zero emissioni nette.

Infine, in ambito energetico, 100 nazioni hanno sottoscritto il Global Methane Pledge, un patto volto a ridurre del 30% le emissioni di metano entro il 2030. Questo potrebbe prevenire un aumento di 0,3C della temperatura media globale entro il 2040.Tra i firmatari figurano Stati Uniti, Brasile, Germania e Italia, ma mancano alcuni tra i principali responsabili della dispersione di gas serra, quali Australia, Iran, India, Cina e Russia. E’ stata poi concordata da alcuni paesi la Breakthrough Agenda, un piano per coordinare l’introduzione di tecnologie più sostenibili quali elettricità pulita e veicoli elettrici, al fine di ridurre rapidamente il loro costo. 

Punti critici

Le decisioni prese alla COP26 limiterebbero l’aumento della temperatura globale a meno di 2C, è la prima volta che il mondo si trova su una tale traiettoria. Tuttavia, l’analisi iniziale mostra che gli impegni concreti visti finora equivarrebbero al 40% dei tagli alle emissioni necessari entro il 2030 per mantenere il mondo sulla strada degli 1,5C. Inoltre, i leader mondiali non sono ancora riusciti a impegnarsi per eliminare i combustibili fossili abbastanza velocemente per contenere il riscaldamento globale. Queste e molte altre sono state le critiche.

Riguardo le promesse sulla deforestazione, la scadenza al 2030 è stata definita troppo lontana e concede di fatto il via libera per un altro decennio, mentre le banche sono ancora libere di versare denaro nei combustibili fossili nei prossimi anni. I paesi ricchi sono stati criticati per non aver consegnato i 100 miliardi di dollari ai paesi poveri in finanziamenti per il clima, obiettivo che era stato fissato per il 2020 e che ora sembra sarà raggiunto solo nel 2023. In più, tutto ciò è stato deciso a porte chiuse. Infatti, esperti di associazioni e organizzazioni non governative hanno denunciato di essere stati lasciati fuori, compresi rappresentanti di minoranze e comunità indigene.

Diverse migliaia di manifestanti hanno perciò marciato in questi giorni chiedendo maggiori azioni per il clima, mentre l’attivista Greta Thunberg ha definito la COP26 un “fallimento”. Un contro-summit sul clima, il People’s Summit for Climate Justice, ha preso il via a Glasgow domenica tra le critiche crescenti sulle soluzioni “greenwashed” e l’azione di contrasto da parte di alcune aziende e nazioni ricche all’interno della COP. 

A metà strada della Conferenza

La prima settimana è stata caratterizzata da annunci, piani e promesse, mentre la legittimità della COP26 è stata messa in discussione dai partecipanti della società civile secondo cui le restrizioni all’accesso ai negoziati sono senza precedenti e ingiuste. 

La seconda settimana si concentrerà su alcuni degli elementi più difficili dei dialoghi, tra cui le regolamentazioni su come i paesi misurano e riportano le loro emissioni, se il mercato del carbonio può giocare un ruolo nel rispettare gli impegni, e come gli stati possono essere aiutati ad adattarsi agli impatti della crisi climatica.

Tre le mancanze e i risultati positivi raggiunti in questi primi giorni, c’è ancora molto da fare per mantenere vivo l’obiettivo degli 1,5C ed è fondamentale che ciascun paese si impegni davvero per frenare la crisi climatica e fare la propria parte per il pianeta. 

Per molti la COP26 rimane comunque l’ultima e la migliore occasione per cambiare il corso della storia climatica nell’era dell’uomo. 

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