Sentiamo spesso parlare di deforestazione, uno dei più grandi problemi che il nostro pianeta si trova ad affrontare ormai da molto tempo. Le cause sono varie e quasi sempre riconducibili all’uomo, lo stesso che, alla fine, ne subisce le più pesanti conseguenze.
Tra le zone più remote e fragili del pianeta ci sono le Foreste Vergini, o “Paesaggi Forestali Intatti”, ampi tratti di foreste antiche e incontaminate. Le loro particolarità sono l’estensione, di almeno 500km2 di lunghezza e 10km di larghezza, l’elevata biodiversità, la presenza di vari ecosistemi e il vantaggio di non aver subito quasi alcun impatto antropico. Queste zone, fortunatamente, non sono ancora state sfruttate per attività agricole o industriali, ne hanno subito frammentazioni per la costruzione di infrastrutture. Caratteristiche che le rendono davvero uniche e purtroppo anche sempre più rare.
Distribuite in tutti i continenti, oggi le più grandi si trovano nel bacino del Rio delle Amazzoni, nel bacino del fiume Congo e fra Russia e America settentrionale. Da soli, questi territori ospitano il 75% delle foreste vergini del pianeta.
Solo una piccola parte è protetta, perché entra a far parte di riserve naturali o di parchi nazionali. Nonostante questo, incendi dolosi e non, agricoltura industriale, raccolta incontrollata del legname ed estrazione mineraria minacciano la sopravvivenza di questi Paesaggi Forestali Intatti.
Per controllare l’andamento della situazione, nel 2021, il “Global Mapping Hub” di Greenpeace e l’Università del Maryland hanno prodotto una Mappa delle Foreste Vergini rimanenti, che ci mostra come e con quale velocità queste siano scomparse negli ultimi 20 anni e quanto velocemente potrebbe continuare a diminuire la loro estensione.
È emerso che il tasso di perdita delle foreste è aumentato ogni anno e, in particolare, tra il 2014 e il 2020 sono scomparse del 28% in più rispetto al periodo precedente (2008 – 2014).
Riuscire a conservare questi preziosi e remoti habitat può fare la differenza per le sorti climatiche e la conservazione della biodiversità. E’ importante ricordare che queste zone riescono ad immagazzinare più co2 di quanto non riescano a fare le foreste secondarie e ospitano un’incredibile varietà di specie vegetali e animali, alcune delle quali ancora da scoprire.
A questo va sicuramente aggiunto un ruolo culturale: questi territori assicurano la sopravvivenza di popoli indigeni, dalle culture antiche e quasi dimenticate.
Ci viene ripetuto spesso che è nostro compito preservare il pianeta, lasciandolo migliore di come l’abbiamo trovato, e in questo caso l’incoraggiamento in più può venire dalla consapevolezza che perdere queste aree significa togliere una casa a migliaia di persone. Spesso non riusciamo a renderci conto dei problemi ambientali finché le loro conseguenze non ci toccano in prima persona, quindi in questo caso è bene chiederci: e se toccasse a noi perdere la nostra casa?
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