Il momento più atteso da molti consumatori e temuto da tutto il pianeta si avvicina: il Black Friday, che quest’anno cade il 27 novembre. Sappiamo quali sono i veri costi dietro a ciò che compriamo, specialmente in questo periodo di sconti e vendite ininterrotte?

Entità del problema

Il Black Friday corrisponde al venerdì successivo al Giorno del Ringraziamento ed è considerato l’inizio della stagione dello shopping natalizio americano dal 1952, poi diffusosi anche in Europa. “Black” farebbe riferimento alle annotazioni sui libri contabili dei commercianti che tradizionalmente passavano dal colore rosso (perdite) al colore nero (guadagni).

Negli Stati Uniti, nel 2020 si sono raggiunti livelli record con i consumatori che hanno speso 9 miliardi di dollari, un aumento del 21,6% rispetto al 2019. Mentre nel Regno Unito le spedizioni dei pacchi comprati nello stesso periodo hanno emesso in atmosfera 429 mila tonnellate di CO2, l’equivalente di 435 viaggi andata e ritorno tra Londra e New York.

Quest’anno in Europa l’Italia è il paese in cui il “venerdì nero” riscuote più successo. Il 65,6% di chi compra online si dice interessato ad acquistare un prodotto, contro il 55,7% in Spagna, il 49,8% in Germania, il 44,4% in Austria e il 36,6% in Francia. 

Le offerte più attese riguardano gli elettrodomestici, per sostituire i vecchi con i modelli di ultima generazione. Tra i prodotti più cercati figurano macchine per il caffè espresso (+66,3%), robot da cucina (+50,0%), forni (+38,6%), asciugatrici (+35,3%), lavastoviglie (+28,9%), macchine da caffè a capsule (+25,8%) e macchine da caffè a cialde (+22,2%). Sul caffè non ci smentiamo, insomma.

Un impatto “nero” sul pianeta

Il consumismo – che si tratti di fast fashion, voli, elettrodomestici, o appetito insaziabile – è diventato il principale motore della crisi climatica. Stiamo divorando le risorse ad un ritmo 1,7 volte più veloce di quanto il pianeta possa rigenerare. E il Black Friday non è che un’esasperazione di questa tendenza sempre presente, soprattutto nel mondo occidentale, dove “di più” non è mai abbastanza.

Immaginate quanti rifiuti in più possono essere prodotti in una settimana in cui tutto il mondo compra nuovi elettrodomestici, nuovi vestiti, nuovi giocattoli, e butta quelli vecchi. Forse non riusciamo nemmeno a farcene un’idea. Senza contare le condizioni di lavoro di chi tutte queste “cose” le deve produrre, preparare  e consegnare a ritmi serrati.

Riguardo alla categoria più venduta del Black Friday, ogni anno si producono fino a 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici ed elettrici (e-waste), che pesano più di tutti gli aerei commerciali mai costruiti. Solo il 20% di questi viene riciclato, il resto viene abbandonato e porta sostanze tossiche – come piombo e mercurio – a inquinare le acque e il suolo, con tremende conseguenze per persone ed ecosistemi.

Una soluzione c’è

Questa tendenza al consumo sfrenato non è che lo specchio della società in cui viviamo, dove l’acquisto di oggetti ci rende felici e realizzati. Ma è davvero così? È possibile essere felici per ciò che noi abbiamo quando tutto il resto muore? Con l’inquinamento di ciò che produciamo stiamo contaminando i fiumi, desertificando la terra e intossicando l’aria. Stiamo vendendo l’anima al consumismo in cambio della vita di interi ecosistemi.

Ma, se solo lo vogliamo, una soluzione c’è: ridurre.

Scegliamo di non comprare affatto. E se serve scegliamo prima l’usato e il duraturo. Possiamo regalare momenti di condivisione alle persone a noi care, invece che altre e nuove “cose”. Possiamo mangiare meno e meglio, rispettando le stagioni e la terra. Riscopriamo il piacere della realizzazione individuale al di là del materiale e riportiamo i nostri stili di vita verso un equilibrio con la natura. È il momento giusto per un comune anticonsumismo. Saremo più felici, ve l’assicuro.

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