Dal 2001 al 2020, il Guatemala ha perso circa il 20% della propria copertura forestale, pari a 1,5 milioni di ettari di foreste.
La deforestazione intensiva, causata soprattutto da allevamento e monocolture industriali, oltre alle gravi conseguenze di natura ambientale, ha provocato un costante peggioramento delle condizioni della popolazione contadina del paese che, espropriata del suo principale mezzo di sussistenza, rischia di perdere la propria identità e dignità di campesinos.
A peggiorare la situazione ci sono le anomalie climatiche e i conseguenti incendi che stanno aumentando per via del riscaldamento globale e che rischiano ulteriormente di far diminuire le foreste.
Il Petén, la regione più isolata del Guatemala, ha subito effetti devastanti a causa della deforestazione. In questa regione zeroCO2 promuove iniziative di riforestazione ad alto impatto sociale, che creano un legame diretto tra il progetto e le comunità che vivono il contesto riforestato, rendendole protagoniste.
Per fare questo utilizziamo sistemi agroforestali sostenibili, gestiti senza utilizzo di fertilizzanti e pesticidi chimici. Le piante vengono allevate alternate con altre specie erbacee e piante arboree contribuendo alla rigenerazione della biodiversità.
Le comunità alle quali doniamo le nostre piante sono costantemente formate sulla manutenzione sostenibile degli impianti e sulla progettazione di sistemi agroforestali misti in cui la varietà di specie assicurano la stabilità e la resilienza dell’impianto. Un sistema agroforestale stabile infatti, richiede meno input, rigenera il suolo e la biodiversità e produce costantemente produzioni variegate.
Nell’estate del 2015, la catena montuosa della Patagonia è stata colpita da una serie di incendi boschivi su larga scala con una perdita di circa 42.000 ettari di boschi nativi. Tra questi, l’incendio più grave, chiamato “Las Horquetas”, si è verificato nella zona vicino alla città montana di Cholila, che ha visto la scomparsa di oltre 29.000 ettari di foresta nativa causando una grande quantità di danni ambientali e sollevando preoccupazioni nella società sulla necessità di ripristinare le aree bruciate attraverso azioni concrete. Insieme al nostro partner, abbiamo rigenerato una parte della foresta distrutta dall’incendio.
In Patagonia lavoriamo per riabilitare le foreste native argentine degradate a causa dei devastanti incendi boschivi che si sono verificati nella zona a partire dal 2015. Lo facciamo coinvolgendo comunità locali attraverso piantagioni collettive, valorizzando il ruolo dei vivai locali e promuovendo una rigenerazione ecologica.
ll progetto prevede la piantagione di alberi forestali autoctoni che offriranno diversi benefici dal punto di vista ambientale. Non soltanto per quanto riguarda l’assorbimento della CO2.
L’impianto una volta raggiunto la maturità contribuirà infatti, tra i vari servizi ecosistemici alla conservazione e all’aumento della biodiversità, alla protezione del suolo dall’erosione, alla regolazione del ciclo idrologico e al complessivo restauro dell’assetto paesaggistico.
Operiamo nelle zone “cuscinetto” della riserva nazionale nel cuore della foresta amazzonica, aree di confine dove l’agricoltura industriale ha avuto effetti disastrosi.
Il focus di questo progetto è la salvaguardia della biodiversità, vegetale e animale. Il Perú è tra i 10 paesi detti “megadiversi”, animati da una biodiversità che si esprime in un’incredibile ricchezza di ecosistemi e nella varietà genetica animale e vegetale. Con il nostro progetto piantiamo più di 20 specie autoctone: forestali, da frutto, medicinali e a rischio di estinzione. Qui la riforestazione non è solo ripopolazione, ma è anche un’occasione per la conservazione per specie vulnerabili e a rischio estinzione.
Collaboriamo direttamente con le comunità indigene per rigenerare le foreste e migliorare congiuntamente le loro risorse e i loro mezzi di sussistenza
Il progetto ha luogo nei villaggi di Lendikinya e Arkaria nel Distretto di Monduli nella Regione Arusha in Tanzania.
In Tanzania il cambiamento climatico e la siccità sta riducendo le zone coltivabili portando a un processo a spot in cui i contadini sono costretti a deforestare per produrre cibo. In questo contesto le comunità indigene, come quelle Masai, si ritrovano ad essere tra le realtà più esposte alla problematica.
Il progetto prevede la donazione di alberi da frutto, forestali e medicinali a dei gruppi d donne appartenenti alle comunità Masai nel distretto di Monduli.
Puoi approfondire il progetto in Tanzania in QUESTO articolo del blog.
La strada intrapresa in Italia da zeroCO2 è quella della promozione dell’agricoltura sociale, intesa come declinazione delle attività primarie, al fine di utilizzare le pratiche agricole per generare benessere per la comunità locale e realizzare attività di rilevanza sociale.
Le attività connesse all’agricoltura sociale riguardano nello specifico l’ambito
socioterapeutico e riabilitativo, quello educativo/didattico, formativo e dell’inserimento al lavoro.
Le esigenze ambientali e sociali italiane sono molto diverse da quelle latino-americane. In Italia il bosco è passata in 25 anni dal 31% al 38% della superficie nazionale.
In Italia non promuoviamo quindi progetti di riforestazione, bensì pratiche agronomiche a basso impatto ambientale e ad alto valore sociale e progetti di frutticoltura sostenibile in collaborazione con Cooperative Agricole Sociali sparse sul territorio nazionale.
Nonostante questa situazione, crediamo che in Italia possano ricoprire un’importante
funzione per le città del futuro anche progetti di forestazione urbana. Nel nostro paese, infatti, nel periodo del dopoguerra si è assistito ad un diffuso spopolamento delle campagne che ha portato ad un forte esodo di massa verso le città. Questo ha portato alla formazione di agglomerati urbani, metropoli e periferie dove la presenza e la fruibilità di verde pro-capite è spesso molto bassa.
Gli alberi in città possono offrire svariati servizi ecosistemici. In primo luogo fungono da intercettatori di CO2 sequestrandola dall’aria e fissandola in maniera stabile nella biomassa attraverso la fotosintesi.
Le piante rimuovono dall’aria, grazie alla conformazione delle foglie (alcune specie più di altre), le particelle più fini di particolato.
Gli alberi offrono inoltre una difesa dal vento, attutiscono l’inquinamento acustico e
assicurano ombreggiamento abbattendo le isole di calore cittadine.
Infine, oltre ad una valenza prettamente ambientale, il verde urbano e periurbano può avere anche una valenza sociale, educativa, paesaggistica e ricreativa rappresentando un luogo a misura d’uomo, dove sia concesso esprimersi.
Il verde in definitiva ha anche una valenza economica. I servizi ecosistemici offerti dal verde urbano rappresentano dei veri e propri benefici (sarebbe bello poterli quantificare economicamente questi benefici) per la cittadinanza riuscendo a cambiare profondamente il volto di una città o l’appetibilità di un quartiere.
In molti quartieri la presenza di verde non è commisurata alla densità abitativa.
Sicuramente non è facile piantare alberi in zone impermeabilizzate da asfalto e palazzi.
Nonostante questo, numerosi studi hanno evidenziato che nelle principali città italiane ci sono migliaia di ettari di spot disponibili per accogliere alberi (prevalentemente pubblici) abbandonati a se stessi.
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